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Anni di scontro sulla Rai, tante ipotesi di vendita mai realizzate

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Fonte: Ansa

E
Economia

Il tema della privatizzazione della Rai compare nella storia degli ultimi decenni sempre legato ad ogni ipotesi di riforma della tv pubblica e della sua governance, come nodo mai risolto e procede parallelo a quello del rapporto tra Viale Mazzini e la politica.

Non se ne parlava quando la Rai era monopolista, ma poi inizia ad affiorare quando nascono in Italia le prima tv private: a partire quindi dalla legge cosiddetta Mammì del 6 agosto 1990, la legge 123, nata sulla scia della diffusione delle emittenti private su tutto il territorio nazionale molte delle quali legate al gruppo Fininvest.

Così la questione, mai sopita, riesplode a tratti con l'ipotesi di vendita di una o due reti pubbliche, e torna prepotentemente alla ribalta nella discussione, fino a quella sulla legge Gasparri, poi approvata nel 2004 che prevede di fatto oltre a nuove regole per la governance ancora in vigore anche la privatizzazione della Rai finora però mai attuata. Era ancora metà degli anni 80 quando l'allora presidente della Rai, il socialista Enrico Manca, smentiva le indiscrezioni dei quotidiani che davano per imminente la vendita di una o più reti Rai, e sullo stesso tema nei primi anni Novanta dibattevano con reciproca scambio di accuse l'allora direttore di Rai Tre Angelo Guglielmi, con l'allora presidente Rti Adriano Galliani.

Poi nel 1993 fu lo stesso presidente Rai di allora, Claudio Demattè, ad avanzare davanti alla Vigilanza l'ipotesi provocatoria di cedere una delle reti per finanziare una tv pubblica in difficoltà finanziarie e snobbata dal suo stesso azionista. Del 1994 è la sentenza della Corte Costituzionale sulla Legge Mammì, che da alcuni viene letta come la necessità che la Rai venda una delle sue reti e che alimenta per decenni il dibattito.

E dell'anno successivo il referendum che chiede il superamento della Mammì e avanza l'ipotesi di privatizzazione della Rai, assunta poi nelle prime fasi di discussione della successiva riforma del 1997, la Legge Maccanico che chiedeva sostanzialmente a Mediaset la cessione di una rete e l'abolizione della pubblicità da una rete Rai e istituiva l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Nel 1999 tocca all'allora direttore generale Pier Luigi Celli respingere le ipotesi di vendita di uno o più canali Rai, anche se qualche mese prima era stato lo stesso Enzo Cheli, presidente dell'Authority competente a parlare di possibilità di privatizzazione.

Sono gli anni in cui si comincia a parlare in modo formale di una riforma della Rai,
e le idee si concretizzano in un disegno di legge, il 1138, che nasce sotto il governo di centrosinistra ma che non prenderà mai definitivamente luce dopo una durissima battaglia politica dentro e fuori l'allora maggioranza. Nella lunga discussione parlamentare però quella della vendita di due reti Rai, pur nelle continue smentite, prende forma addirittura anche di un emendamento alla finanziaria proposta dagli allora Democratici di Arturo Parisi, poi ritirato ma con la richiesta di trovare altre forme di partecipazione dei privati nell'azionariato Rai. Anche la Lega Nord fa in quegli anni la sua proposta di riforma, firmata da Davide Caparini, che prevede una sola rete pubblica, abolizione del canone, coinvolgimento delle tv private nel servizio pubblico, modello federale.

È del 2001 il lungo braccio di ferro,
che si conclude ancora una volta con una nulla di fatto, tra la Rai - allora dg era Claudio Cappon e presidente Roberto Zaccaria - e il ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri, per l'ipotesi di accordo con la Crown Castel per la cessione del 49% di Rai Way, la società che gestisce le infrastrutture. Naufragato il 1138 si inizia a discutere di vendita di reti Rai anche nell'ipotesi di legge sul conflitto d'interessi, ipotesi allora sponsorizzata anche dall'ex presidente della repubblica Francesco Cossiga. Dopo il cambio della guardia del governo, ne parla anche l'allora premier Silvio Berlusconi, dicendo però che la vendita di due reti Rai «non sarà imminente».

Secondo Berlusconi comunque gli italiani non si sarebbero opposti ad un acquisto delle due reti Rai da parte di Rupert Murdoch o altri investitori stranieri e la vendita poteva essere effettuata applicando «le leggi europee sulle gare d'appalto». Poi venne il digitale terrestre con la sua proliferazione ci canali e la legge Gasparri che prevedeva l'ipotesi di mettere la Rai sul mercato entro il 2004. Ancora nel 2012 lo stesso Gasparri ricordava che, «se ci fosse la volontà politica c'è una legge ancora in vigore che consente la cessione di interi rai d'azienda: ma c'è la volontà politica?»

A prometterlo nell'ultima campagna elettorale e non solo anche Beppe Grillo: «La Rai ha tre reti - ha detto - ne basta una, le altre due le mettiamo in vendita, questa è la riforma che faremo».

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