Calcio, modello inglese: come funziona in Inghilterra
News inserita da: Giorgio Scorsone (Giosco)
Fonte: Il Corriere della Sera
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Sport
Si sente molto parlare di modello inglese, ma quanti sanno bene come funzionano i diritti tv in Inghilterra? Ce lo spiega questo articolo del Corriere della Sera, a firma di Luca Valdisseri.
A parole sono capaci tutti, nei fatti nessuno è in grado di avvicinarsi alla Premier League. E, se parliamo di diritti televisivi, la differenza tra il campionato inglese e gli altri diventa abissale.
Le cifre dicono molto più di qualunque proclama. È stato da poco firmato un nuovo contratto, per le stagioni 2007-2010, che ha frantumato ogni record precedente a quota 1.706 milioni di sterline (2.278 milioni di euro). La Commissione europea Antitrust ha ottenuto che i diritti non fossero venduti a una sola piattaforma e i sei «pacchetti» della Premier League sono stati divisi tra BSkyB (quattro) e Setanta (due).
Questo è il dettaglio. A Sky Uk sono andati: il pacchetto A (23 partite di prima scelta alle 16 della domenica), il pacchetto B (23 partite di seconda scelta alle 13.30 della domenica), il pacchetto E (5 partite di prima scelta, 9 di terza scelta e 9 di quarta scelta alle 12.45 del sabato) e il pacchetto F (10 partite di prima scelta, 7 di seconda scelta e 6 di terza scelta durante la settimana e nelle festività pubbliche, il sabato alle 12.45 e la domenica alle 16). A Setanta sono andati: il pacchetto C (23 partite di terza scelta alle 20 del lunedì) e il pacchetto D (8 partite di seconda scelta e 15 di quarta scelta allie 17.15 del sabato). Come si vede, lo spezzettamento è totale per garantire più partite possibili al telespettatore.
La televisione di Stato (Bbc) ha mantenuto i diritti sugli highlights all'interno della «partita del giorno» pagandoli 229,2 milioni di euro per tre stagioni. Dai diritti televisivi per l'estero entrano nelle casse della Premier League altri 834,7 milioni di euro. La vendita dei diritti è su base collettiva e la ripartizione tra i club è così congegnata: 50% da dividere in parti uguali, 25% a seconda del piazzamento in classifica (la prima prende venti volte più dell'ultima) e 25% a seconda del numero di passaggi televisivi.
A differenza di quanto accade in Italia, non tutte le partite sono trasmesse ma vengono scelte dall'emittente.
La rivoluzione è partita nel 1992, con il primo accordo con BSkyB: cinque stagioni a 191 milioni di sterline. Primo «scatto» nella stagione 1997-98 (670 milioni di sterline per quattro anni) e secondo «scatto» con il contratto precedente a quello attuale (1.024 milioni di sterline per tre stagioni).
Le previsioni di alcuni esperti, che vedevano un possibile calo dell'offerta da parte delle televisioni, sono state clamorosamente smentite. Ma è un discorso che vale solamente per il calcio inglese: spettacolare, organizzato, manageriale, appetito in tutto il mondo con un pubblico potenziale di 3 miliardi di telespettatori.
Secondo Alan Switzer, uno dei direttori della Deloitte Sport Business Group, il calcio inglese attira da solo il 23% del mercato calcistico europeo. Deloitte ha quantificato le entrate della Premiership in 1.957 milioni di euro nella stagione 2006-2007. I trasferimenti nel calciomercato hanno raggiunto la vetta di 667,8 milioni di euro nell'estate scorsa, due terzi in più della cifra dell'estate precedente. Americani, russi, thailandesi, persino gli islandesi investono nel calcio inglese. Un business vincente.
A parole sono capaci tutti, nei fatti nessuno è in grado di avvicinarsi alla Premier League. E, se parliamo di diritti televisivi, la differenza tra il campionato inglese e gli altri diventa abissale.
Le cifre dicono molto più di qualunque proclama. È stato da poco firmato un nuovo contratto, per le stagioni 2007-2010, che ha frantumato ogni record precedente a quota 1.706 milioni di sterline (2.278 milioni di euro). La Commissione europea Antitrust ha ottenuto che i diritti non fossero venduti a una sola piattaforma e i sei «pacchetti» della Premier League sono stati divisi tra BSkyB (quattro) e Setanta (due).
Questo è il dettaglio. A Sky Uk sono andati: il pacchetto A (23 partite di prima scelta alle 16 della domenica), il pacchetto B (23 partite di seconda scelta alle 13.30 della domenica), il pacchetto E (5 partite di prima scelta, 9 di terza scelta e 9 di quarta scelta alle 12.45 del sabato) e il pacchetto F (10 partite di prima scelta, 7 di seconda scelta e 6 di terza scelta durante la settimana e nelle festività pubbliche, il sabato alle 12.45 e la domenica alle 16). A Setanta sono andati: il pacchetto C (23 partite di terza scelta alle 20 del lunedì) e il pacchetto D (8 partite di seconda scelta e 15 di quarta scelta allie 17.15 del sabato). Come si vede, lo spezzettamento è totale per garantire più partite possibili al telespettatore.
La televisione di Stato (Bbc) ha mantenuto i diritti sugli highlights all'interno della «partita del giorno» pagandoli 229,2 milioni di euro per tre stagioni. Dai diritti televisivi per l'estero entrano nelle casse della Premier League altri 834,7 milioni di euro. La vendita dei diritti è su base collettiva e la ripartizione tra i club è così congegnata: 50% da dividere in parti uguali, 25% a seconda del piazzamento in classifica (la prima prende venti volte più dell'ultima) e 25% a seconda del numero di passaggi televisivi.
A differenza di quanto accade in Italia, non tutte le partite sono trasmesse ma vengono scelte dall'emittente.
La rivoluzione è partita nel 1992, con il primo accordo con BSkyB: cinque stagioni a 191 milioni di sterline. Primo «scatto» nella stagione 1997-98 (670 milioni di sterline per quattro anni) e secondo «scatto» con il contratto precedente a quello attuale (1.024 milioni di sterline per tre stagioni).
Le previsioni di alcuni esperti, che vedevano un possibile calo dell'offerta da parte delle televisioni, sono state clamorosamente smentite. Ma è un discorso che vale solamente per il calcio inglese: spettacolare, organizzato, manageriale, appetito in tutto il mondo con un pubblico potenziale di 3 miliardi di telespettatori.
Secondo Alan Switzer, uno dei direttori della Deloitte Sport Business Group, il calcio inglese attira da solo il 23% del mercato calcistico europeo. Deloitte ha quantificato le entrate della Premiership in 1.957 milioni di euro nella stagione 2006-2007. I trasferimenti nel calciomercato hanno raggiunto la vetta di 667,8 milioni di euro nell'estate scorsa, due terzi in più della cifra dell'estate precedente. Americani, russi, thailandesi, persino gli islandesi investono nel calcio inglese. Un business vincente.
Luca Valdisseri
per "Il Corriere della Sera"
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