Iptv, una tecnologia al punto di svolta
News inserita da: Giorgio Scorsone (Giosco)
Fonte: Finanza e Mercati
I
Internet e Tv
Le prospettive anche a breve termine sembrano essere più che buone, ma la realtà di oggi parla ancora di numeri decisamente piccoli. Questa è la realtà e, se non succederà presto qualcosa, potrebbe confermarsi come il destino della Iptv, la versione più «comoda» del matrimonio tra televisione e Internet.
In Europa, sono quattro milioni gli utenti che l'hanno già scelta. Un numero destinato a crescere, secondo Infonetics Research, fino a 57 milioni entro il 2009. L'ultimo report dell'osservatorio del Politecnico di Milano la include con felice espressione tra le sofa tv, quelle che come la televisione tradizionale, sono concepite per essere guardate comodamente adagiati sul divano. In Italia siamo stati tra i primi ad averla, grazie a Fastweb, che la propone già da sette anni, e, dopo l'esordio di AliceTv di Telecom Italia, negli ultimi due mesi sono arrivate due nuove soluzioni, quella targata Tiscali (che però parte dall'esperienza del mercato inglese dove il provider sardo la offre già da un paio d'anni) e quella di Wind-Infostrada.
Tutti o quasi propongono la Iptv, ma non tutti la vogliono. O forse non tutti possono permettersela. È il caso di quanti non posseggono una connessione a banda larga, e purtroppo in Italia sono ancora troppi, e quindi non sono in grado di godere delle aumentate capacità della nuova televisione. È questo il principale limite alla sua diffusione, almeno per l'Italia, che continua inesorabilmente a scivolare indietro nelle classifiche delle connessioni broadband in Europa.
Ma che cosa si perde davvero l'italiano vittima del digital divide? Forse meno di quello che pensa. Almeno per il momento. Della versatilità del Web, della sua apertura, dei suoi contenuti e dei suoi formati innovativi l'Iptv riprende ben poco. Al netto è il solo protocollo di comunicazione, Internet appunto, a dare ragione della nuova sigla. Uno dei limiti maggiori della Iptv è infatti la timidezza nella scelta di contenuti originati nel Web, e nel tentativo di costringere gli utenti entro limiti ben precisi, vuoi per motivi di qualità delle immagini, vuoi per scelte commerciali ben precise che puntano a offrire la nuova televisione in un pacchetto, all inclusive, che racchiude anche la linea telefonica e l'abbonamento Adsl. È il tanto decantato triple play, come si usa definire la triplice alleanza, cui si affidano gli operatori telefonici per rimpolpare i loro fatturati.
Alcuni punti di forza, però, l'Iptv li ha. Su tutti il time-shifting, ovvero la possibilità per il telespettatore di guardare un programma quando vuole, senza essere legato ai rigidi dettami del palinsesto. Molto comodo anche se, vista l'esigenza di server di con grandi capacità per archiviare i video in attesa del momento giusto per lo spettatore, il time-shifting per ora si può fare solo per i due o tre giorni successivi alla reale messa in onda di un programma. Altro valore aggiunto è un archivio di contenuti a richiesta, on demand, e in molti casi gratuiti.
I punti deboli, comunque, continuano a prevalere. La comodità, innanzitutto, si paga a caro prezzo e le offerte attualmente disponibili sul mercato prevedono l'acquisto (o il noleggio) di un set-top-box apposito, oltre alla connessione a banda larga e un'adeguata tariffa d'abbonamento. E tra le «tv da divano», l'Iptv dovrà vedersela con due agguerrite rivali, il digitale terrestre (Dtt) e il satellite, che per motivi differenti corrono a ritmi fin qui diversi. In Europa, sono 25 milioni gli utenti raggiunti dal Dtt, 37 milioni quelli che hanno scelto il satellite, 13 milioni la tv via cavo (ma l'Italia ancora non ha una sua offerta di tv via cavo) e solo 4 milioni hanno optato per l'Iptv.
I contenuti offerti, esclusi alcuni timidi accenni a inglobare gli user generated content (i contributi frutto degli sforzi personali dello spettatore), il vero fenomeno in video del Web, sono gli stessi proposti dalle rivali «da divano», e in alcuni casi prevedono il pagamento di un ulteriore dazio. Così accade per i contenuti «forti», quelli che trainano le scelte di massa, come lo sport in diretta e i film in prima visione. L'interattività, il grande valore aggiunto del Web, è poco sfruttata e anche le tecniche più pericolose per la privacy, ma utili per migliorare il servizio, sono ancora largamente sottosviluppate.
Anche per quanto riguarda la qualità dell'immagine l'Iptv, seppur può vantare una superiorità notevole rispetto alle web tv, ancora una volta resta un passo indietro rispetto a digitale terrestre e satellite. L'entrata in scena di Tiscali ha accorciato in parte questa distanza, grazie all'innovativo formato mpeg4, ma le altre offerte usano ancora formati di compressione (mpeg2) decisamente non all'altezza.
La situazione, comunque, non è del tutto negativa, i limiti dell'offerta attuale possono venire superati in futuro. E non è un caso se gli analisti scommettono sulla crescita del mercato. Anche se il futuro è tutt'altro che scontato. Stretta tra la più agile e aperta web tv da una parte, e le più affermate e altrettanto comode Dtt e tv via satellite dall'altra, l'Iptv rischia un naufragio a discapito delle confortanti stime. Non resta che affinare l'offerta, per gli operatori, che di qui in avanti dovranno impegnarsi a migliorare il modello di business.
In Europa, sono quattro milioni gli utenti che l'hanno già scelta. Un numero destinato a crescere, secondo Infonetics Research, fino a 57 milioni entro il 2009. L'ultimo report dell'osservatorio del Politecnico di Milano la include con felice espressione tra le sofa tv, quelle che come la televisione tradizionale, sono concepite per essere guardate comodamente adagiati sul divano. In Italia siamo stati tra i primi ad averla, grazie a Fastweb, che la propone già da sette anni, e, dopo l'esordio di AliceTv di Telecom Italia, negli ultimi due mesi sono arrivate due nuove soluzioni, quella targata Tiscali (che però parte dall'esperienza del mercato inglese dove il provider sardo la offre già da un paio d'anni) e quella di Wind-Infostrada.
Tutti o quasi propongono la Iptv, ma non tutti la vogliono. O forse non tutti possono permettersela. È il caso di quanti non posseggono una connessione a banda larga, e purtroppo in Italia sono ancora troppi, e quindi non sono in grado di godere delle aumentate capacità della nuova televisione. È questo il principale limite alla sua diffusione, almeno per l'Italia, che continua inesorabilmente a scivolare indietro nelle classifiche delle connessioni broadband in Europa.
Ma che cosa si perde davvero l'italiano vittima del digital divide? Forse meno di quello che pensa. Almeno per il momento. Della versatilità del Web, della sua apertura, dei suoi contenuti e dei suoi formati innovativi l'Iptv riprende ben poco. Al netto è il solo protocollo di comunicazione, Internet appunto, a dare ragione della nuova sigla. Uno dei limiti maggiori della Iptv è infatti la timidezza nella scelta di contenuti originati nel Web, e nel tentativo di costringere gli utenti entro limiti ben precisi, vuoi per motivi di qualità delle immagini, vuoi per scelte commerciali ben precise che puntano a offrire la nuova televisione in un pacchetto, all inclusive, che racchiude anche la linea telefonica e l'abbonamento Adsl. È il tanto decantato triple play, come si usa definire la triplice alleanza, cui si affidano gli operatori telefonici per rimpolpare i loro fatturati.
Alcuni punti di forza, però, l'Iptv li ha. Su tutti il time-shifting, ovvero la possibilità per il telespettatore di guardare un programma quando vuole, senza essere legato ai rigidi dettami del palinsesto. Molto comodo anche se, vista l'esigenza di server di con grandi capacità per archiviare i video in attesa del momento giusto per lo spettatore, il time-shifting per ora si può fare solo per i due o tre giorni successivi alla reale messa in onda di un programma. Altro valore aggiunto è un archivio di contenuti a richiesta, on demand, e in molti casi gratuiti.
I punti deboli, comunque, continuano a prevalere. La comodità, innanzitutto, si paga a caro prezzo e le offerte attualmente disponibili sul mercato prevedono l'acquisto (o il noleggio) di un set-top-box apposito, oltre alla connessione a banda larga e un'adeguata tariffa d'abbonamento. E tra le «tv da divano», l'Iptv dovrà vedersela con due agguerrite rivali, il digitale terrestre (Dtt) e il satellite, che per motivi differenti corrono a ritmi fin qui diversi. In Europa, sono 25 milioni gli utenti raggiunti dal Dtt, 37 milioni quelli che hanno scelto il satellite, 13 milioni la tv via cavo (ma l'Italia ancora non ha una sua offerta di tv via cavo) e solo 4 milioni hanno optato per l'Iptv.
I contenuti offerti, esclusi alcuni timidi accenni a inglobare gli user generated content (i contributi frutto degli sforzi personali dello spettatore), il vero fenomeno in video del Web, sono gli stessi proposti dalle rivali «da divano», e in alcuni casi prevedono il pagamento di un ulteriore dazio. Così accade per i contenuti «forti», quelli che trainano le scelte di massa, come lo sport in diretta e i film in prima visione. L'interattività, il grande valore aggiunto del Web, è poco sfruttata e anche le tecniche più pericolose per la privacy, ma utili per migliorare il servizio, sono ancora largamente sottosviluppate.
Anche per quanto riguarda la qualità dell'immagine l'Iptv, seppur può vantare una superiorità notevole rispetto alle web tv, ancora una volta resta un passo indietro rispetto a digitale terrestre e satellite. L'entrata in scena di Tiscali ha accorciato in parte questa distanza, grazie all'innovativo formato mpeg4, ma le altre offerte usano ancora formati di compressione (mpeg2) decisamente non all'altezza.
La situazione, comunque, non è del tutto negativa, i limiti dell'offerta attuale possono venire superati in futuro. E non è un caso se gli analisti scommettono sulla crescita del mercato. Anche se il futuro è tutt'altro che scontato. Stretta tra la più agile e aperta web tv da una parte, e le più affermate e altrettanto comode Dtt e tv via satellite dall'altra, l'Iptv rischia un naufragio a discapito delle confortanti stime. Non resta che affinare l'offerta, per gli operatori, che di qui in avanti dovranno impegnarsi a migliorare il modello di business.
Gabriele De Palma
per "Finanza e Mercati"
(31/01/08)
per "Finanza e Mercati"
(31/01/08)
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