E' una delle (tante) prove viventi che il pubblico non è stupido. A differenza del potere. Ma purtroppo pare che le due cose non siano conciliabili. Così, invece di essere salvaguardato come i panda, Daniele Luttazzi è nuovamente al confino televisivo, ospite indesiderato nonostante ascolti da capogiro. Via lui e via il Decameron, dopo appena una manciata di puntate su La7. Pretesto: la famosa scenetta con Ferrara (s)oggetto passivo, proiezione erotica necessaria a dimenticare l'ennesima uscita berlusconiana.
Da allora un quasi totale silenzio mediatico, piuttosto british. Tranne veicolare commenti e pensieri via teatro, blog, Manifesto. E ritirare premi. Perché pare che ancora qualcuno creda che i programmi possano essere di qualità, che anche nell'intrattenimento ci possano essere neuroni. Come il Ttv Festival diretto da Andrea Nanni, storica vetrina di contaminazioni fra arti performative e video, che a giugno gli ha consegnato il Premio Riccione per la Televisione. Occasione ideale per fare un rapido punto della situazione, di quello che è stato e di quello che sarà.
Dopo tutto quello che è successo, hai ancora voglia di tornare in televisione?
Un comico vuole far ridere il pubblico più ampio possibile. La tv in questo è fondamentale. La satira, poi, esprime idee e ricorda i fatti. La censura lo impedisce: l'artista non può più esprimersi come stava facendo, il suo pubblico non può più goderne come prima. E' fascismo ed è intollerabile. Il tuo pubblico ti segue grazie a decenni di lavoro: la censura azzera di colpo il tuo lavoro. Il danno professionale che ne ricevi è incalcolabile. Questo mi sprona a non dargliela vinta in alcun modo, ai bastardi.
Perché certe cose si possono dire per mesi a teatro mentre in televisione vengono oscurate?
Perché in tv ho una audience superiore. La capienza di un teatro è in media di mille persone. Una puntata di Decameron era vista da due milioni e mezzo di persone. Hai voglia a girare per i teatri! Ti tolgono dalla tv per toglierti il volume.
Nel 1962 Dario Fo e Franca Rame condussero Canzonissima per sette puntate, poi furono cacciati per uno sketch sulle morti bianche: non è cambiato nulla da allora?
E' dai tempi di Aristofane che non è cambiato nulla. Il potere non vuole essere messo in discussione. Ma la democrazia è proprio questo: poter criticare il potere pubblicamente. Sennò è oligarchia e fascismo.
Di cosa non si può proprio parlare in Italia?
Non "in Italia", in tv. In Italia si può dire tutto. In tv non è ammessa la satira, cioè un punto di vista divertente che insinua dubbi, fa nomi e cognomi, addita responsabilità.
E di cosa invece parlerebbe appena accesa (di nuovo) la telecamera?
Di quello che succede, come stavo facendo a Decameron.
C'è stata un'evoluzione nel tuo linguaggio e nella maniera di porti?
Oh, in vent'anni sono diventato molto più bravo!
Cosa ti dà il piccolo schermo che non trovi a teatro o nella musica? Solo i numeri?
Non è la tv a darmi i numeri, è il mio lavoro in tv a darmeli. La tv non regala nulla. Ma se fai ascolti record e ti tolgono lo stesso, il problema è politico. Anche lo spazio teatrale si sta riducendo: intere regioni dove la tua satira non è gradita a chi amministra. L'organizzatore teatrale, per non inimicarsi il potere locale, abbozza e non ti scrittura. Preferisce rimetterci, dato che i teatri sono ormai semivuoti e tu invece li riempi. E' una censura più subdola, ma molto più capillare. Si parva licet, Dario e Franca, negli anni 70, a Milano dovettero affittarsi la palazzina Liberty, per recitare. Nessun teatro li voleva, nonostante l'interesse del pubblico.
Perché un tg può tranquillamente manipolare una notizia (sul suo blog il caso de II Divo e il revisionismo andreottiano sul Tg2) mentre un comico non può esprimere un'opinione senza temere allontanamenti e denunce milionarie?
La satira dà fastidio per i fatti che ricorda allo spettatore, non per le opinioni. Raccontando i fatti come stanno, la satira si è guadagnata una credibilità che certi tg si sognano. Allora ti allontanano perché il paragone con te mostra tutto il loro servilismo imbarazzante e vergognoso.
Cosa hai provato dopo l'editto bulgaro?
Una sensazione come di... assorbimento.
Siete distanti, per forme e contenuti: ma hai mai pensato a un "interventismo" in stile Grillo? Cosa ne pensi?
Ne ho scritto diffusamente sul mio blog, a cui rimando. La differenza fondamentale è che io non sono un populista.
Come è stato essere intervistato da Biagi?
Molto bello. E commovente.
Al termine dell'intervista ti domandò come vedevi l'Italia in quel momento: confusa e che non si ricorda cosa è stata, fu la tua risposta. A distanza di un anno, dopo le vicende di Decameron e col nuovo governo Berlusconi, cosa risponderesti?
Lo stesso.
Credi che la libertà di informazione (e di satira) rischi un ulteriore peggioramento?
Sì.
Da allora un quasi totale silenzio mediatico, piuttosto british. Tranne veicolare commenti e pensieri via teatro, blog, Manifesto. E ritirare premi. Perché pare che ancora qualcuno creda che i programmi possano essere di qualità, che anche nell'intrattenimento ci possano essere neuroni. Come il Ttv Festival diretto da Andrea Nanni, storica vetrina di contaminazioni fra arti performative e video, che a giugno gli ha consegnato il Premio Riccione per la Televisione. Occasione ideale per fare un rapido punto della situazione, di quello che è stato e di quello che sarà.
Dopo tutto quello che è successo, hai ancora voglia di tornare in televisione?
Un comico vuole far ridere il pubblico più ampio possibile. La tv in questo è fondamentale. La satira, poi, esprime idee e ricorda i fatti. La censura lo impedisce: l'artista non può più esprimersi come stava facendo, il suo pubblico non può più goderne come prima. E' fascismo ed è intollerabile. Il tuo pubblico ti segue grazie a decenni di lavoro: la censura azzera di colpo il tuo lavoro. Il danno professionale che ne ricevi è incalcolabile. Questo mi sprona a non dargliela vinta in alcun modo, ai bastardi.
Perché certe cose si possono dire per mesi a teatro mentre in televisione vengono oscurate?
Perché in tv ho una audience superiore. La capienza di un teatro è in media di mille persone. Una puntata di Decameron era vista da due milioni e mezzo di persone. Hai voglia a girare per i teatri! Ti tolgono dalla tv per toglierti il volume.
Nel 1962 Dario Fo e Franca Rame condussero Canzonissima per sette puntate, poi furono cacciati per uno sketch sulle morti bianche: non è cambiato nulla da allora?
E' dai tempi di Aristofane che non è cambiato nulla. Il potere non vuole essere messo in discussione. Ma la democrazia è proprio questo: poter criticare il potere pubblicamente. Sennò è oligarchia e fascismo.
Di cosa non si può proprio parlare in Italia?
Non "in Italia", in tv. In Italia si può dire tutto. In tv non è ammessa la satira, cioè un punto di vista divertente che insinua dubbi, fa nomi e cognomi, addita responsabilità.
E di cosa invece parlerebbe appena accesa (di nuovo) la telecamera?
Di quello che succede, come stavo facendo a Decameron.
C'è stata un'evoluzione nel tuo linguaggio e nella maniera di porti?
Oh, in vent'anni sono diventato molto più bravo!
Cosa ti dà il piccolo schermo che non trovi a teatro o nella musica? Solo i numeri?
Non è la tv a darmi i numeri, è il mio lavoro in tv a darmeli. La tv non regala nulla. Ma se fai ascolti record e ti tolgono lo stesso, il problema è politico. Anche lo spazio teatrale si sta riducendo: intere regioni dove la tua satira non è gradita a chi amministra. L'organizzatore teatrale, per non inimicarsi il potere locale, abbozza e non ti scrittura. Preferisce rimetterci, dato che i teatri sono ormai semivuoti e tu invece li riempi. E' una censura più subdola, ma molto più capillare. Si parva licet, Dario e Franca, negli anni 70, a Milano dovettero affittarsi la palazzina Liberty, per recitare. Nessun teatro li voleva, nonostante l'interesse del pubblico.
Perché un tg può tranquillamente manipolare una notizia (sul suo blog il caso de II Divo e il revisionismo andreottiano sul Tg2) mentre un comico non può esprimere un'opinione senza temere allontanamenti e denunce milionarie?
La satira dà fastidio per i fatti che ricorda allo spettatore, non per le opinioni. Raccontando i fatti come stanno, la satira si è guadagnata una credibilità che certi tg si sognano. Allora ti allontanano perché il paragone con te mostra tutto il loro servilismo imbarazzante e vergognoso.
Cosa hai provato dopo l'editto bulgaro?
Una sensazione come di... assorbimento.
Siete distanti, per forme e contenuti: ma hai mai pensato a un "interventismo" in stile Grillo? Cosa ne pensi?
Ne ho scritto diffusamente sul mio blog, a cui rimando. La differenza fondamentale è che io non sono un populista.
Come è stato essere intervistato da Biagi?
Molto bello. E commovente.
Al termine dell'intervista ti domandò come vedevi l'Italia in quel momento: confusa e che non si ricorda cosa è stata, fu la tua risposta. A distanza di un anno, dopo le vicende di Decameron e col nuovo governo Berlusconi, cosa risponderesti?
Lo stesso.
Credi che la libertà di informazione (e di satira) rischi un ulteriore peggioramento?
Sì.
Diego Vincenti
per "La Rinascita della Sinistra"
per "La Rinascita della Sinistra"