La società italiana diventa multietnica, ma la tv non se ne accorge. Per le strade la gente è di tutti i colori, ma sul piccolo schermo le facce degli stranieri, e di molti neo-italiani, non trovano rappresentanza. Le storie di cinesi, africani o rumeni entrano di straforo in qualche fiction, sono rari i programmi dedicati alle diverse etnie dai telegiornali.
L'allarme è partito addirittura dalla Gran Bretagna, che pure vive l'immigrazione da molto più tempo di noi: la tv è razzista? Una domanda che può essere girata ai pochi volti stranieri che hanno "bucato" lo schermo televisivo italiano.
«Gli italiani non sono razzisti, ma amano gli stereotipi. In tv i rumeni sono abbinati ai Rom che rubano, nelle fiction le ragazze sono prostitute o badanti» commenta Ramona Badescu, invitando Rai e Mediaset «a dedicare dei mini-tg alle varie etnie presenti nel Paese».
L'attrice rumena ammette che per le donne dell'Est i funzionari ruvidi diventano esterofili. «I funzionari ci "provano" con le belle dell'Est. All' inizio della carriera ci hanno provato anche con me, ma io ho saputo dire di no».
Lo stereotipo è l'humus di Tintoria (RaiTre) il varietà multicolore! Gregorio Paolini dove i "nuovi italiani" giudicano il Belpaese. Il conduttore, è Taiyo Yamanouchi, un italo-giapponese. «In Tintoria si vede l'Italia con gli occhi degli stranieri. Marocchini o rumeni vedono meglio i vostri paradossi» dice Taito, ridendo di un equivoco razziale: «Ho fatto tante fiction, e pur essendo giapponese nell'80% delle volte mi fanno fare il cinese, e spesso mafioso. Per fortuna in Un medico in famiglia sono stato promosso stilista giapponese».
A RaiDue hanno nostalgia dei sorrisi della tunisina Afef Jnifen che faceva da spalla a Gene Gnocchi nella Grande notte del lunedì, a RaiUno si ricorda Fiona May protagonista della fiction Butta la luna (accusata di buonismo sugli immigrati).
A Striscia questa estate fanno i provini a seducenti "veline" straniere. Anche se resta un vuoto di rappresentanza per le ragazze dagli occhi a mandorla: l'unica cinese che si ricordi è l'esuberante Man-Lo Zhang, protagonista di un Grande Fratello di tre anni fa. Invece Sky Tg24 nella rubrica meteo sperimenta il meltin'pot con Mimmi Gunnarsson (accento svedese) e Gretel Coello Trespando (accento cubano), moglie di Paolo Brosio.
A La 7 Sylvie Lùbamba (showgirl congolese) fa l'opinionista per Piero Chiambretti: «Markette è l'unico show multietnico, c'è pure un coro gospel. Io credo che gli italiani vogliano facce nuove, sono stufi dei soliti Pippobaudi».
Nei telegiornali gli anchormen sono tutti rigorosamente bianchi. Unica eccezione, il conduttore del Tgr Lazio Fidel M'Banga Bauna, che pacatamente spiega: «Non parlerei di razzismo, ma di ignoranza sì. Si inciampa in qualche cretino che ti etichetta come giornalista "di colore", gli stessi che definiscono Obama "il candidato nero"...». Il giornalista di origine congolese, auspica una vera integrazione, ma avverte: «Sono contrario alle tv-ghetto. Non si può pensare a spazi solo per cinesi, rumeni o africani. Chi viene qui non può vivere da straniero, deve fare uno sforzo per entrare nella comunità italiana».
Le ballerine straniere della nostra tv sono tante, ma rimangono senza nome (Natalia Estrada è un'eccezione).
Invece il ballerino albanese Kledi Kadiu si è imposto come star di Amici e non solo. Solo bravura? «La mia fortuna è stata quella di incontrare Maria De Filippi nel 2001. Lavoravo già, ma è lei che mi ha dato fiducia e notorietà. Il razzismo? Lo siamo un po' tutti nel sangue: noi lo eravamo verso i ballerini russi, adesso qualche italiano prova invidia per un albanese (io) che prende il suo posto». Un sogno? «Fare un programma sugli albanesi in Italia, far capire agli italiani la cultura albanese». In tempi di meltin ' pot la tv può fare di più?
Paolo Ruffini, direttore di RaiTre, parla dei suoi esperimenti: «Alle falde del Kilimangia-ro di Licia Colò è un buon esempio di multietnicità, si parla dei vari Paesi, e dalla cantante africana alla programmista indiana nel programma sono rappresentate un po' tutte le etnie. Io non credo che si debbano fare dei programmi-ghetto, ma piuttosto aiutare le varie comunità a integrarsi attraverso la tv. Citerei quindi Tintoria di Paolini: attraverso la satira di costume ammicca alla multietnicità della nostra società».
Leandro Palestrini
per "La Repubblica"
(22/07/08)