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Da sabato su Sky c'è ''Baby Tv'', la televisione dei poppanti

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Fonte: La Stampa

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Sky Italia
Ecco, ci mancavano soltanto loro. I lattanti. I bambini dagli zero ai tre anni. Poiché le immagini in movimento della televisione comunque li cullano e li chetano, a prescindere dai contenuti, adesso non potranno più lamentarsi, frignando, di non avere una rete dedicata: sabato arriva sul canale 620 di Sky la nuova Baby Tv. Nata in Israele nel 2003, fondata da Lilian Talit e Ron Isaak, nel 2007 ha cominciato a trasmettere in Gran Bretagna. Nell?ottobre 2008 è stata acquistata da Fox e adesso c?è l?approdo italiano. La programmazione è completamente priva di pubblicità e di informazioni commerciali di alcun tipo.
 
«Tutti i contenuti - assicurano alla rete - sono prodotti e realizzati con la consulenza e la supervisione di un pool internazionale di psicologi dell?età evolutiva e dello sviluppo infantile. Coinvolti fin dalla prima fase di ideazione di ogni programma, gli esperti ne definiscono gli obiettivi, apprendimento e svago, ne seguono la creazione e controllano la metodologia di insegnamento, l?efficacia dei testi, dei colori e delle musiche».

Questa fascia di età non è monitorata dagli ascolti. I bebè non sono considerati possibili acquirenti. E nemmeno suggeritori di acquisti. Loro no. Ma i genitori? Non ci sarà proprio nessun tipo di pubblicità, anche subliminale, tra le pieghe della programmazione? Ammettiamo di no. Ma poiché nessuna rete tv nasce per beneficenza, per amore del prossimo, per aiutare le mamme e i papà gravati dal lavoro e dalla crisi, dov?è sta l?interesse? C?è una parola per rispondere, è cacofonica, brutta ma realistica: fidelizzazione. Intanto dei genitori: se vuoi avere quel canale lì, così politicamente e bambinamente corretto, una vera rete educativa come si usava una volta; se vuoi avere un sostegno («non una baby sitter elettronica, per carità», inorridiscono i responsabili) per dare informazioni ai più piccoli e intanto tenerli buoni, devi abbonarti a Sky. Si sa, una cosa tira l?altra, un pacchetto ne promuove un altro.

Qui si promette «una programmazione innovativa che favorisca nel bambino l?apprendimento e la consapevolezza di sé, stimolando la creatività e sviluppando la capacità d?immaginazione». Che bella sicurezza per i genitori, che bello stimolo. Non solo. La «fidelizzazione» comincia a gettare le sue radici nelle fertilissime, plasmabilissime zucche dei bebè. Che ancora più precocemente si abituano a conoscere il mondo attraverso il filtro della tivù. Perfetti clienti di domani. D?altronde, le svariate indagini statistiche sul rapporto che lega i bambini al piccolo schermo hanno una costante: la tivù è una seconda scelta in assenza di genitori, coetanei, giochi e sport. E dall?ultima indagine Istat emerge che il 96% dei bambini italiani in età prescolare guarda la tv. Come dire: tanto vale realizzare un progetto che getti il cuore oltre l?ostacolo.

Protesta il Moige: «Non si discute sui contenuti dei programmi - afferma Elisabetta Scala, presidente nazionale - ma vogliamo richiamare l?attenzione sui gravi rischi inerenti la crescita fisica e psicologica di neonati e bambini fino ai 36 mesi».Ma da Sky si replica che il nuovo canale andrà ad integrare un segmento nel quale è già attivo da anni un canale Rai, Raisat YoYo.
 
Ma che cosa c?è, dentro Baby Tv? Ci sono programmi dai ritmi distesi e dai dialoghi semplici. Molto ripetuti, essendo l?iterazione uno dei principi base non solo della comicità, ma anche di tutto il mondo dello spettacolo. Anche dell?apprendimento. Ogni episodio dura pochi minuti: e da questo particolare la tv per grandi avrebbe molto da imparare. Tutte le trasmissioni offrono idee per giochi da fare insieme, tra bambini e con i genitori, storie da inventare, canzoni da condividere. Di giorno, musica, colori, animali, numeri da imparare, da scoprire, da conoscere. La sera, immagini e musiche più rilassanti, adatte a conciliare la nanna. E insomma: si può fare tutto, e questa Baby rete sarà fatta benissimo. Però che tristezza, questo nostro bambino moderno gattonante di fronte alla tv maestra: buona, cattiva, chissà.
 
Alessandra Comazzi
per "La Stampa"

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