Agcom chiede modifiche al decreto tv, Scrosati (Sky): ''danneggia il mercato''
News inserita da: Simone Rossi (Satred)
Fonte: Apcom
Per Calabrò molto ruota attorno alle competenze, che secondo la direttiva andrebbero in buona parte all'Autorità indipendente e che invece, in alcuni punti, il decreto le sottrae. E con l'eccessiva bipartizione tra Agcom e Governo, si rischia di "perdere l'occasione" di "ridisegnare un quadro organico della materia televisiva".
L'Autorità dovrebbe intervenire sui criteri di classificazione dei programmi per minori, sul product placement, sulla regolazione dei tetti agli spot - fissati per legge -, e sui diritti residuali nelle opere d'autore. Ma sono altre le due le note dolenti: la cancellazione (riduzione, per la Rai) delle quote di produzione di opere indipendenti ("non sembrano trovare giustificazione") e la stretta sul web, con la prevista autorizzazione per i siti. Un "intervento preventivo" che non ha eguali in Europa e che rischia di diventare "un filtro burocratico".
Il decreto tv, nella parte in cui riduce gradualmente il tetto per gli spot per le pay-tv, non ha soltanto un effetto "sottrattivo" sugli introiti, ma rischia di limitare la crescita nel mercato delle tv a pagamento. E' questa la posizione espressa da Andrea Scrosati, vicepresidente corporate e market communication di Sky, durante l'audizione in commissione Lavori pubblici al Senato.
Con la riduzione del tetto agli spot, dal 18 al 12% in tre anni, "evidentemente ci sarà un effetto sottrattivo sugli introiti, ma al di là di questo si mette un limite alla crescita non solo per Sky Italia, ma per tutti gli altri operatori, italiani e stranieri, che hanno deciso di scommettere in Italia e che puntano su ricavi e pubblicità per crescere". Attualmente sono una ventina gli editori italiani (tra cui De Agostini, Rcs, MediaGroup, Elemedia-L'Espresso) e internazionali (tra cui Discovery e U-Disney) che operano in Italia attraverso la pay-tv e Sky.
"Crescere e svilupparsi - ha aggiunto Scrosati - vuol dire investire di più", e per News Corp "è stato giusto investire in Italia, ci resterà per molto tempo e continuerà a farlo".
Scrosati ha ricordato la scelta della News Corp di investire in Italia in una situazione di mercato "disastrosa" con Stream e Telepiù poi acquisiti e molti posti di lavoro creati negli anni allora, ha ricordato, l'atteggiamento delle istituzioni fu positivo, "oggi ci sono altri due operatori di pay-tv e questo è un fatto importante. Dunque sfugge il senso del voler limitare, frenare, bloccare". Durante l'audizione "abbiamo esposto dati oggettivi di mercato e speriamo che vengano valutati". Attualmente, anche grazie alla legge Bersani, "il criterio della libera scelta" fondamentale nella pay-tv dove "l'operatore si sceglie sulla base della qualità del prodotto e del prezzo, è pienamente tutelato. Non si comprende la necessità di intervenire su un processo di domanda e offerta che andrebbe lasciato al mercato".
Durante l'auduzione Scrosati ha sottolineato che, guardando lo scenario internazionale, "nessuno dei 26 Paesi europei, recependo la direttiva sulla tv senza frontiere, ha introdotto questa tipologia di limitazioni", come l'abbassamento dei tetti agli spot per le pay tv, che configurano di fatto "una distinzione tra tv in chiaro e tv a pagamento". Solo in Francia, ha ricordato, esiste una restrizione simile, ma solo per le tv centrate su programmazione cinematografica e comunque bilanciando con un regime Iva al 5,5 per cento.
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