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Foto - Il Venerd�toriale - De Paoli e l'appello ai politici: Tutelate la mia Rai Sport

Il Venerd�toriale - De Paoli e l'appello ai politici: Tutelate la mia Rai Sport

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Fonte: Digital-Sat (original)

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Proprio ieri ha festeggiato il quarto mese di direzione della ‘sua’ Rai Sport: Eugenio De Paoli, nella foto insieme al suo predecessore Massimo De Luca (tratta da YouTube), è oggi alla guida della testata sportiva della tv di stato, con occhi attenti sia alla linea editoriale sia a quella industriale, come dimostra il secondo canale in partenza in primavera. Ma c’è anche una vena politica nel suo parlare… eccovene la prova!
 
Eugenio De Paoli, direttore di Rai Sport, è da sempre un uomo d’azienda sin dal 1979 quando venne assunto da Sergio Zavoli al Gr1 come collaboratore nei servizi sportivi. Da allora è stata una carriera ricca di soddisfazioni, con anche una breve parentesi in Fininvest dove fornisce il suo contributo per la creazione del primo tg di Emilio Fede. Tornato in Rai nel ’91 approda l’anno seguente alla Testata Giornalistica Sportiva dove seguendo gli sport più vari (dall’atletica alla Formula Uno, dalla vela al Giro d’Italia) ha scalato ben presto l’organigramma direzionale, grazie anche alla sua capacità organizzativa che lo porta, sin dal ’94 a curare il coordinamento delle edizioni dei Giochi Olimpici, passando attraverso l’invenzione della «rete olimpica» per il quale vinse il premio “Beppe Viola” per la televisione.
 
E proprio le Olimpiadi saranno il primo vero banco di prova della sua gestione: di questo lo stesso direttore ha avuto modo di parlare il 1° Dicembre scorso in audizione presso la Commissione Parlamentare di Vigilanza sulla Rai, presieduta dallo stesso Zavoli che gli affidò il primo incarico. Superata la leggera commozione iniziale, il senatore mette subito in chiaro l’obiettivo della missione di De Paoli, quello di ottenere dal Parlamento un aiuto nel gestire il «rischio di dover rinunciare a molte cose».
 
Quali sono queste «molte cose»? Innanzitutto le Olimpiadi in chiaro. De Paoli inizia a snocciolare un po’ di cifre: «nel 1996 la Rai, come membro UER, acquistò l’esclusiva per l’Italia dei diritti di trasmissione di tre cicli olimpici, per un ammontare complessivo di 67 milioni di dollari per le edizioni ’98 e 2000, 81,2 milioni per il 2002 e 2004 e 89 milioni per il periodo 2006 - 2008». Le cifre, sottolinea De Paoli, sono importanti perché Sky, una volta che la Rai abbandonando l’UER volle andare a contrattazione privata, le soffiò i diritti per il biennio 2010 - 2012 mettendo sul piatto la cifra record di 112 milioni di euro, superato poi nel breve giro dai 155 milioni offerti per le edizioni 2014 e 2016.
 
Da lì all’accordo con la Rai passò del tempo: la tv di stato dovette prima comprare i diritti dei Mondiali di calcio per le edizioni 2010 e 2014 e cederli parzialmente a Sky in cambio della possibilità di trasmettere una quota di Olimpiadi, 100 ore per Vancouver e 200 ore per Londra. Una limitazione importante, come ribadisce De Paoli, visto che nel monte orario sono compresi anche gli speciali, gli approfondimenti e addirittura i servizi nei telegiornali. Una situazione che renderà di fatto impensabile la realizzazione della rete olimpica, che tanti plausi ha ricevuto negli anni, e che addirittura penalizzerà il lavoro giornalistico della testata: esiste infatti il problema degli accrediti, ridotti per la Rai, con il rischio di dover effettuare telecronache “on tube” da Roma.
 
Esiste quindi una soluzione? Secondo De Paoli sì, ma non è una via commerciale (essendo l’accordo con Sky definito in tutti i suoi aspetti), bensì politica: «Il CIO non impone a Sky le ore da cedere in chiaro, ma fissa semplicemente il minimo che è per l’appunto 100 per le Olimpiadi Invernali e 200 per quelle Estive. Sky si è attenuta al minimo. Per questo dico che basterebbe una legge che garantisse alla Rai di non dover sottostare ad una limitazione al minimo contrattuale. Il nostro obiettivo è di poter competere ad armi pari: loro hanno comprato l’Olimpiade? A noi sta benissimo, ma è pesante il fatto di avere una limitazione a 100 o 200 ore».
 
Basterebbe quindi una legge, che dovrebbe essere votata dal Parlamento, per obbligare Sky alla cessione di un numero superiore di ore a quelle minime fissate dal Comitato Olimpico Internazionale. Una cessione che dal 2014 potrebbe pure non essere più obbligata a fare a vantaggio di terzi, giacché proprio ieri è nato sul digitale terrestre il suo nuovo canale gratuito, “Cielo”: come infatti teme De Paoli, «Sky potrebbe, in osservanza al contratto CIO, trasmettere il monte orario minimo in chiaro senza le garanzie che solo il servizio pubblico può offrire agli utenti non dovendo valorizzare un canale a pagamento». È fondato, per il direttore di Rai Sport, il pericolo che se una tale ipotesi possa concretizzarsi le ore offerte gratuitamente possano semplicemente essere di scarso appeal così da spingere gli utenti alle offerte a pagamento.
 
Per evitare che ciò accada e, nell’immediato, per offrire alla Rai «l’opportunità di competere ad armi pari», ecco l’invito ai parlamentari di votare una legge di tutela che non abbia colorazioni politiche. «È o non è un nostro e vostro diritto-dovere di difendere il servizio pubblico? È o non è un nostro e vostro diritto quello di difendere il cittadino? Perché bisogna obbligare un cittadino a vedersi se vuole le Olimpiadi a pagamento? Oggi noi ci siamo, per le prossime noi potremmo non esserci».
 
Quello che di sicuro c’è e non manca è la capacità di De Paoli anche nel confronto politico, almeno nell’argomentazione delle sue ragioni. Vedremo se sarà altrettanto efficace l’effetto e se avremo davvero un disegno di legge sul tema che tuteli Rai Sport e il suo direttore, che magari dopo una tale performance potrà seriamente aspirare ad uno scranno in Parlamento…
 
Giorgio Scorsone
per "Digital-Sat.it"
 
Questo l'audio integrale della Vigilanza Rai,
distribuito con licenza Creative Commons attribuzione 2.5
grazie a Radio Radicale
 

 
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